Via delle Grazzine 6
25123 Brescia

Mattino: 9.00 - 12.00
Pomeriggio: 15.00 - 18.00

Storia

Una storia ricca di fascino

Nella periferia settentrionale di Brescia, poco prima che si dischiuda la Valle Trompia, là dove all’orizzonte si staglia l’inconfondibile sagoma del Monte Guglielmo, spesso imbiancato anche nella tarda primavera, sorge la Casa di riposo Pasotti Cottinelli.
La struttura è adiacente a un’antichissima chiesetta, celebre per la miracolosa immagine della Madonna delle Grazzine, da cui la via prende il nome.
Sino a pochi decenni fa tutta l’area era aperta campagna, come mostra il quadro di Edoardo Togni (1884–1962) che troneggia in una sala dell’ingresso.

L’edificio, che risale alla fine del Seicento, si presenta come una stupenda villa padronale affacciata su un vasto giardino: fu originariamente adibita a casa di villeggiatura della famiglia Cottinelli, che nel 1961 volle donarla alla Congrega della Carità Apostolica, affinché la trasformasse in una casa di riposo per ospitarvi, preferibilmente, le domestiche dei sacerdoti.

Un tempo accadeva, infatti, che dopo una vita trascorsa a servizio di un parroco, queste donne – le famose perpetue – rimanessero sole.

In un passaggio del libro Giuseppe Tovini, di Antonio Cistellini, Agnese – una delle figlie del beato bresciano – racconta della propria infanzia nella casa di campagna presa in affitto nella zona di San Rocchino: «ma a S. Rocchino ci si divertiva un mondo, con molta semplicità, senza complicazioni od artifici. Là nacque e si radicò l’amicizia con i nove figli del signor Luigi Cottinelli, collaboratore prezioso del babbo. Essi abitavano la loro ricca casa delle Grazzine, e così si passava in gruppo compatto dalle Grazzine a S. Rocchino e da S. Rocchino alle Grazzine, senza stancarci mai. La loro anziana cugina Elvira ci guidava affettuosamente come di tutti sorella maggiore, con pieno consenso dei genitori nostri e loro; i nostri ben sapevano che dai Cottinelli non dovevamo che imparare. Nel loro giardino il gioco preferito era il Passo del Gigante; nel nostro attiravan le sedie, numerose, almeno quanto i giocatori, che avevamo ridotto a poltroncine e ci servivano comodamente nel gioco. Noi piccoli, Angela nostra, Angela loro, Giuseppe, io, eravamo talvolta in pericolo di essere sopraffatti dalla irruenza dei maggiori e si combinavano allora altri giochetti, e ricordo che Giuseppe (ing. P. Giuseppe dei Filippini) cavallerescamente conduceva il gioco in modo che vincessimo sempre noi bambine».